La schiuma della memoria

Qui si parla innanzitutto di un romanzo, uscito nel novembre del 2010 presso le edizioni Montag di Tolentino.
Il titolo è La schiuma della memoria e l'ho scritto io.
Poi si parla e si scrive di altre cose, di fotografie e di film, di libri letti e di teatro, di teatroterapia e di paesaggio. E di altro ancora. L'intenzione è comunque quella di raccordare la memoria con l'attualità per ritrovare il senso perduto degli eventi e per non dimenticare personaggi che con le loro vite hanno scritto pagine di storia non solo privata, ma anche collettiva. Molti di essi sono i miei riferimenti culturali e di valore. Il romanzo stesso dialoga con questi contenuti, in modo dinamico, in costante evoluzione, perché la memoria non è cristallizzazione ma è senso e significato. Mi piacerebbe che la lettura del blog desse anche il piacere della scoperta e di un punto di vista sul mondo spostato dalla norma, in qualche modo sorprendente. Buona lettura.

venerdì 1 aprile 2011

Il lavoro sul personaggio


La costruzione del personaggio
 Nella teatroterapia, intesa come processo di crescita interiore attraverso il sistema del teatro, possiamo individuare tre dispositivi operativi:
1) l'improvvisazione, come conseguenza della psicotecnica dell'attore, cioè il lavoro personale e di gruppo con le pratiche fisiche, vocali e percettive
2) la ripetizione e la formalizzazione dove l'attore sceglie, fra tutto il materiale prodotto nell'improvvisazione, quello più significativo e lo precisa in una sequenza composta da elementi geometrici e spaziali, ritmo, intensità e pause e quant'altro è utile alla scena per creare l'effetto personaggio
3) l'estraniazione e la trascendenza dove l'attore dona a un occhio esterno, che può essere il regista, lo spettatore, il terapeuta, il materiale del suo lavoro.
Tutto ciò che  nasce dall'improvvisazione ha valore solo in quel momento, mentre tutto ciò che è azione formalizzata ha valore stabile.
La persona sana non ricerca la fedeltà al copione della vita quotidiana, ma la fedeltà al proprio essere, alla sua essenza. Così l'attore non deve identificarsi nel personaggio, ma individuarsi in esso, costruirlo a partire dal corpo e dalle azioni sceniche, lasciarsi condurre dall'istinto e dalla libertà espressiva. Non si fa finta di essere qualcun altro, si lavora stando nell'azione e con l'azione.
L'attore è doppiamente artista, prima come oggetto di ricerca su se stesso, poi come strumento espressivo: corporeo, vocale, drammaturgico.
L'attore è in grado di creare l'effetto personaggio grazie e attraverso la possibilità di spostamento delle cariche affettive, dagli oggetti interni inconsci all'oggetto-personaggio, messo in scena e reso visibile. Il personaggio è preparato dal livello pre-espressivo, nel quale l'attore pone le basi per la creazione artistica. Ogni messa in scena contiene dell'altro rispetto a ciò che è visibile; segreti, desideri primari risultano essere i veri motori della rappresentazione; possiamo affermare che ogni messa in scena sottintende la possibilità che il teatro conceda al transfert di potersi esprimere, di poter essere rappresentato. Il personaggio non è un semplice mezzo espressivo, ma anche un fine pre-espressivo e l'attore, mentre crea il personaggio, ne è anche creato. Si dice spesso che l'attore è animato dal personaggio. Quest'ultimo non è solo una proiezione, è proiezione di parti anche non accettate, un vero e proprio prolungamento inconscio di sé.
Schema trifasico del lavoro d'improvvisazione:
1) Processo primario pre-espressivo; né forma , né interpretazione: desidero sciogliere le mie paure e le mie resistenze
2) Processo secondario espressivo; Interpretazione proiettiva: desidero interpretare un personaggio
3) Processo terziario di messa in scena; Integrazione di azioni e testi nell'allestimento scenico: desidero estraniarmi da me e dal mio personaggio
IL PERSONAGGIO è NELL'AREA INTERMEDIA DEL GIOCO (né sotto controllo costante, né fuori controllo)
a) Fusione: nell'area pre-espressiva, l'attore si prepara a improvvisare attraverso un processo che lo condurrà in contatto con il simbolico; avvalendosi della fiducia nel gruppo e nel regista-conduttore si predispone al gioco di finzione.
b) Disillusione: dal gioco nasce il personaggio percepito come oggetto di studio.
c) Estraniazione: l'attore ora si dissocia definitivamente dall'essere posseduto dal personaggio e raggiunge la capacità di star da solo in modo neutro alla presenza dell'oggetto creato. L'oggetto è altro da sé, ma è anche una parte di sè.
d) Rappresentazione: non resta che ammettere il sovrapporsi di due aree distinte: quella dell'individuo e quella dell'attore-interprete.
Ogni sera l'attore distrugge il suo personaggio, lo consuma, perché così lo può amare nuovamente la sera dopo. In questo modo, l'oggetto personaggio sviluppa la sua autonomia, la sua vita e porta il suo contributo all'individuo attore.
Processo artistico attore/personaggio:
1) L'attore è tutt'uno col personaggio, fusione, fase pre-espressiva, interpretazione, contatto inconscio.
2) L'attore percepisce ciò che ha concepito nel gioco dell'improvvisazione.
3) L'attore è in grado di usare il personaggio come costruzione artistica, rendendolo oggetto separato da sé.
4) L'attore e il regista eseguono il montaggio del lavoro attoriale, inserendolo nella drammaturgia complessiva.
La teatroterapia funziona quando è in azione la proiezione attore-personaggio.
L'incontro con il personaggio è l'incontro con un alter ego, che poi deve essere visto come un'immagine non concreta e reale, una sorta di sogno, infine c'è l'accettazione di quell'immagine come propria: l'interpretazione ora può avvenire sia con l'identificazione sia con l'estraniazione. L'effetto benessere del teatro sta proprio nella possibilità e nella consapevolezza di entrare e uscire dal personaggio. Dal punto di vista pratico, il personaggio può essere costruito come percorso evolutivo, come elemento simbolico da sviluppare oppure come personaggio spazzatura, di cui liberarsi.

Nessun commento: