La schiuma della memoria

Qui si parla innanzitutto di un romanzo, uscito nel novembre del 2010 presso le edizioni Montag di Tolentino.
Il titolo è La schiuma della memoria e l'ho scritto io.
Poi si parla e si scrive di altre cose, di fotografie e di film, di libri letti e di teatro, di teatroterapia e di paesaggio. E di altro ancora. L'intenzione è comunque quella di raccordare la memoria con l'attualità per ritrovare il senso perduto degli eventi e per non dimenticare personaggi che con le loro vite hanno scritto pagine di storia non solo privata, ma anche collettiva. Molti di essi sono i miei riferimenti culturali e di valore. Il romanzo stesso dialoga con questi contenuti, in modo dinamico, in costante evoluzione, perché la memoria non è cristallizzazione ma è senso e significato. Mi piacerebbe che la lettura del blog desse anche il piacere della scoperta e di un punto di vista sul mondo spostato dalla norma, in qualche modo sorprendente. Buona lettura.

La schiuma della memoria

Questa è la pagina di riferimento per il romanzo La schiuma della memoria, edito da Montag di Tolentino. La casa editrice è distribuita sul territorio nazionale da ediQ.
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Questa è l'immagine originale, dipinta da Luca Toscani su tela di jeans, che illustra l'incipit del romanzo, scelta poi da Montag come copertina del libro.


Questa qui sotto è la copertina del libro.



In un paesaggio anomalo, bianco e silenzioso per la neve caduta in maniera abbondante, un’automobile percorre una strada di campagna sull’argine del Po, nella Bassa reggiana. Una frenata brusca e l’auto esce di strada, il conducente sbatte la testa, è soccorso da un contadino del luogo, ma si rende immediatamente conto di avere perso la memoria, non ricorda più chi sia, da dove venga e soprattutto che cosa ci faccia un contrabbasso dentro la sua Panda.
Il romanzo comincia così, in un pomeriggio di gennaio del 2006, e dà inizio a una serie di vicende che si svolgono nell’arco di quattro giorni e tre notti, fra Parma e la Liguria. Lo smemorato protagonista comincia un percorso che si snoda attraverso il suo corpo (lunghe camminate, avventurosi procacciamenti di cibo, avventure sessuali), e si inoltra nella sua psiche (la memoria che torna a galla poco alla volta), per fare il punto della sua vita e ricominciare da alcuni punti fermi e dalla responsabilità della scelta.
La narrazione avviene sempre in prima persona quando il protagonista racconta le sue vicende, ma il focus narrativo è spesso decentrato, molti personaggi emergono dalle pagine soprattutto attraverso i dialoghi. Di ognuno ho cercato di curare la coerenza del personaggio, con pochi (ma spero efficaci) tratti. In qualche modo tutti ruotano intorno al protagonista, ognuno percorrendo la sua traiettoria vitale, ognuno con i suoi piccoli e grandi problemi e i suoi piccoli o grandi guai.
Uno dei fili che intrecciano le varie storie e i vari personaggi è dato dalla musica e dalle canzoni di Fabrizio De André, citato anche in epigrafe dell’ultima parte del romanzo.
Un altro dei fili da seguire è dato dal contrabbasso, che contribuisce a fare incontrare i personaggi e a costruire la storia.
Dentro il corpo del romanzo ci sono altri nuclei di storie, che hanno comunque a che fare con la memoria: la vita libera di un barbone ex-partigiano, il manicomio di Colorno negli anni '60 e '70, un'infanzia vissuta negli anni della II guerra mondiale. In tal modo, mentre il protagonista recupera la sua memoria individuale, il romanzo cerca di recuperare alla memoria collettiva storie che, per quanto mi riguarda, sono un limpido riferimento valoriale e meritano di non essere dimenticate.
In una società senza memoria politica e in cui si assiste periodicamente a tentativi di revisionismo della memoria storica, La schiuma della memoria è, appunto, un romanzo sulla memoria individuale e collettiva.
Ho iniziato a scrivere in aprile 2006 e ho utilizzato anche materiali provenienti da storie vere, a me narrate oralmente (le storie del manicomio e le storie di Emilio), ho ultimato il romanzo nell’autunno successivo, poi ho lasciato sedimentare il testo qualche mese, ho riletto con attenzione, riscritto alcune parti nel 2008, completando due stesure successive alla prima. Infine, nell'estate e nell'autunno del 2009 ho riscritto alcune parti, rifinito e limato con cura. Sono arrivato così alla sesta e definitiva stesura. Molte volte, nel processo della scrittura, faticavo a staccarmi dai miei personaggi, li ho seguiti con cura e amore, a mano a mano che si sviluppavano nelle pagine della storia.
D’altra parte, come dice il protagonista del romanzo, “dentro i film ci sono un sacco di cose vere”. Più in generale, questo vale per tutte le storie. Ecco, a un certo punto pensavo di poter incontrare per strada i personaggi del mio romanzo, da tanto li sentivo veri.  Lo stile narrativo adottato è quello di una narrazione spesso decentrata, in cui le vicende dei singoli sono seguite separatamente, fino a confluire, incrociandola, nella vicenda principale. Il linguaggio utilizzato è vicino al parlato, a tratti anche nella sintassi caratteristica dell’oralità emiliana. Spesso, fra la fine di un capitolo e l’inizio di quello successivo, ho utilizzato una sorta di montaggio analogico, tipico del linguaggio filmico. Non sempre questo accade, perché inserirlo sempre e comunque avrebbe costituito una forzatura e avrebbe dato alla scrittura qualcosa di artificioso. Il tono della narrazione è prevalentemente ironico, il protagonista tende a osservare con ironia un po' stralunata gli eventi, ma non mancano, credo, i momenti di commozione e di una certa intensità emotiva. Almeno, commozione e intensità emotiva sono alcuni degli stati d’animo che mi hanno coinvolto nella scrittura. Mi sono molto divertito, comunque. L’ultima cosa che vorrei dirvi è che per me la scrittura di questa storia è stata necessaria, ci ho messo dentro l’anima, la testa, la carne e il sangue e molte energie. 
Vi ringrazio per aver pazientato fin qui.
Mattia Toscani

Il romanzo viene presentato a Parma
GIOVEDI 9 DICEMBRE 2010, ORE 17,30
BIBLIOTECA GUANDA, SALA CONVEGNI 1° piano, vicolo delle Asse 5

Interventi: Mattia Toscani, che leggerà alcuni brani del romanzo; Roberta Roberti, che intervisterà l'autore;
Luca Toscani, autore dell'illustrazione di copertina

Recensione di Mariagrazia Villa, Gazzetta di Parma,  8 dicembre 2010
Quella freschezza d'esistenza nuova, ancora tutta da annusare. Come fosse un vero debutto, non l'ennesima replica. La scena è la stessa e noi pure, ma gli attori e il copione sono da spacchettare. E' un viaggio dell'anima, il romanzo "La schiuma della memoria" (Edizioni Montag, pp. 224, euro 16) del parmigiano Mattia Toscani. Un reincarnarsi nella vita, rinascendo allo spirito nel medesimo abito corporeo. Un miracolo della bellezza innata e incorruttibile in una tela già consunta dall'uso. Il libro, presentato domani alla biblioteca Guanda alle 17,30 da Roberta Roberti e Luca Toscani, fratello dello scrittore e autore del dipinto su tela di jeans da cui è stata tratta la copertina, inizia con un cielo di latte che fiocca niveo, incessante ed equanime <upon all the living and the dead>, come scriveva Joyce alla fine dell'ultimo racconto dei <Dubliners>.
Ma qui non siamo in Irlanda, siamo nella Bassa reggiana, dove un'auto percorre una strada sull'argine del Po, in un paesaggio bianco e silenzioso per la gran neve. Una frenata brusca e la vettura esce di strada, il conducente sbatte la testa e, voilà, non si ricorda più chi sia, da dove venga e che cosa ci faccia un contrabbasso nella sua Panda. Il romanzo parte così, in un pomeriggio di gennaio del 2006, e si svolge nell'arco di quattro giorni, tra Parma e la Liguria. Lo smemorato protagonista comincia un percorso che si snoda attraverso il corpo, tra lunghe camminate, procacciamenti di cibo e avventure sessuali, e scende nella psiche, a caccia di una memoria che riaffiora a poco a poco, per fare il punto al bivi di una scelta, chissà se a capo oppure di seguito. <Scrivere questa storia è stata una necessità>, racconta l'autore, docente di ecologia, economia ed estimo in un istituto superiore di Parma e teatrante nella compagnia Civico Teatro Inesistente. <E' una sfida: pur avendo già pubblcato libri di saggistica e una racolta di racconti, è il mio primo romanzo, e probabilmente non sarà l'ultimo>.
Lo spunto creativo gli è venuto da un'amarezza: <La società contemporanea italiana sembra affetta da Alzheimer, ma le memoria individuale e collettiva è fondamentale: serve a recuperare ciò che la storia ha selezionato come valori rispetto ai disvalori>.
Nel romanzo, la memoria personale del protagonista si intreccia a quella sociale, <ad altre storie che sono un limpido riferimento valoriale e meritano di non essere dimenticate>, come la vita libera di un barbone ex-partigiano, il manicomio di Colorno negli anni '60 e '70, un'infanzia durante la seconda guerra mondiale. La narrazione decentrata e abbracciante è, tra il flusso dell'oralità e l'occhio della cinepresa, quella giusta, anche per il suo tono, a tratti di un'ironia stranita e molto emiliana, a tratti di una commozione perplessa, che cerca di capire e mai riesce. I personaggi, fili diversi di un'unica matassa, confermano il canto XIII della Bhagavad Gita: la distinzione degli esseri si fonda sull'unità. Hanno molti punti in comune, per esempio l'amore per De André, e respirano un solo respiro, quello dell'autore. <Dentro i film ci sono un sacco di cose vere>, si legge nel romanzo, e qui c'è tanta autobiografia. <Benché il protagonista mi somigli più degli altri, in ciascuno dei personaggi c'è un modo di porsi verso il mondo che  mi appartiene>. Mattia ama il cinema, la lettura, il rumore e l'odore del mare e le camminate in montagna. In città si sposta quasi esclusivamente in bici e gli piacerebbe vivere a Genova. Tal quale le figure che ha creato.

RECENSIONE DI ORNELLA FRANCESCONI SU aNobii, IL SOCIAL NETWORK DEI LETTORI
http://www.anobii.com/books/La_schiuma_della_memoria/9788896793398/019961a37c1511a2ff/

3 commenti:

Ali e Radici ha detto...

“Io intanto non vedo più niente, il bianco diventa nero, non sento più niente, nel silenzio del paesaggio tutto bianco intorno a me, sono rovesciato e non distinguo più la terra dal cielo, comunque neanche prima di rotolare ci riuscivo, bianchi entrambi come sono oggi, uguali, omogenei, come in un mondo anomalo immerso nel latte, come in un mondo sottosopra. Mi fa male la testa e ho un gran sonno...”

Queste immagini rievocano alcune scene del film di Crialese NUOVO MONDO. “Un mondo anomalo immerso nel latte”, “un mondo sottosopra”.
Nel tuo romanzo sequenze oniriche e realismo di personaggi e storie procedono di pari passo. Una sorta di lirica del sogno anima le tue creature in cerca della loro umanità.
Inoltre, il sottile richiamo alla memoria e al tentativo di dire attraverso il ricordo
-che esplode con dolcezza dalle storie dei protagonisti-
avvicina il tuo scritto a quello di Masters L’ANTOLOGIA DI SPOON RIVER. Epitaffi in vita i tuoi personaggi...

Il dialogo fra Martino e Sofia prosegue per conto proprio, oltre il pensiero dell’ autore. Mi piace la tensione in quel brillante scambio dialettico. Pare escano dalle loro materne pagine la ragazza e il ragazzino.

La banalità del male e il barbone Argante … come non ricordare la arguta pensatrice ebrea che amò
tanto Heidegger (il suo fascistone!). H. Arendt parla di assenza di radici, di memoria. Rivendica la capacità umana di autocriticarsi (dialogo 2 in 1) “ritornar sui propri pensieri mediante un dialogo con se stessi”…
Se adoperassimo e affinassimo la coscienza critica eviteremmo di trasformarci banalmente in geni
del male.

E poi la chiave caduta, perduta come la memoria… quanta delicatezza, quanto lirismo…

“Le chiavi di casa e le chiavi del cuore. Chi possiede le chiavi di casa, può entrare in una casa; chi possiede le chiavi del cuore, può entrare in una persona. Chi avrà le mie chiavi, quelle di casa mia e quelle del mio cuore?”

Otello e le sue frasi in dialetto. Noto che ci tieni molto a rimarcare la valenza culturale del dialetto. La lingua di tutti i
giorni, un parlar di casa… come quello degli ebrei ashkenaziti con il loro yiddisch, la lingua
materna dei rapporti quotidiani e intimi.
Apprezzo il tuo stile letterario secco, dissanguato, basso e capace, anche, di estremo romanticismo; la tua opera robusta ed essenziale… eppure ricca di particolari ( alcuni sfacciatamente ostentati,
altri sottili a tal punto… da richiedere uno sforzo al pensiero e uno spirito pionieristico per poter essere scoperti, almeno in parte).

L’overture, quell’ iniziale descrizione di bianco… ammortizza la tragicità di un episodio - intendo la caduta della vettura rossa dall’ argine-
restituendolo al lettore in una maniera quasi grottesca e caricaturale.
La tua maestria qui sta nell’ essere in grado di restare ben saldo nell’ argomento, nello svolgimento della situazione iniziale (con coerenza e compattezza, per l’appunto) fantasticando tranquillamente su ciò che oggettivamente si compie.

Il tuo occhio è anche una macchina da presa che filma, fissa, inquadra situazioni che
si susseguono e si concatenano.

I personaggi del tuo romanzo… figure risucchiate in una spirale di eventi che progressivamente portano alla luce destini incrociati.
Infondo, la storia nasce da fatti quotidiani. Dall’anonimato nasce la storia. “Vero accaniti cultori di storiografia?”.
Otello e la moglie, Martino, Sofia, Bernardo, Marco, Betta, Argante e l’Adele, il capotreno… sono la tua voce lirica. Con quella hai trattenuto parti di verità e gli hai dato forma nella bellezza.
L’arte ci tiene in vita, ispirandoci e motivandoci…
Ritornando al tuo “manoscritto” Rocco mi pare l’alter ego del regista-narratore, o meglio, Rocco e il regista: due aspetti del maschile (padre e figlio) che si ritrovano, si completano, si amano.

La copertina del libro rivela sensibilità artistica. Il realismo delle immagini si edulcora in una ambientazione fiabesca e invita il lettore a percorrere la via di accesso al tuo romanzo.

Grazie Mattia.

Ali e Radici ha detto...

Petrarca sostiene che i libri “sono stati inventati per supplire al difetto della memoria”.
Eppure Platone nel “Fedro” racconta il mito di Teuth aprendo un’interessante questione sulla parola detta e sulla parola scritta.
Teuth introduce al re di Tebe l’importanza della scrittura alfabetica, utile per la memoria, per la conoscenza e la sapienza.
Il re ritiene che la scrittura sia nociva per la memoria, il lettore non avrebbe la possibilità di esercitarla e allenarla autonomamente, indotto ad attingere da una sequenza grafica codificata. “…i discenti affidandosi alla scrittura, richiameranno le cose alla mente non più all’interno di se stessi, ma al di fuori, attraverso segni estranei”.
Inoltre, conoscenza e sapienza non sono da confondere. Afferma il re Thamus: “…né tu offri vera sapienza ai tuoi scolari, ma soltanto una parvenza di essa: poiché costoro… eruditi in molte cose senza un profondo insegnamento, presumeranno d’essere dottissimi, mentre i più non sapranno nulla… imbottiti di opinioni invece che sapienti”.
È Socrate che parla - nella penna del suo discepolo -
che difende la tradizione orale a discapito di quella scritta; che evoca l’efficacia della dimensione dialogica, occasione di un incontro ironico e intimo di un’anima con un’altra anima che conduce maieuticamente alla virtù , alla verità, al sommo bene. Socrate dichiara esplicitamente: “…i libri si ergono come esseri viventi; ma se qualcuno rivolge loro una domanda, restano chiusi nel più austero silenzio, in ciò simili alle creature della pittura”.
Vero e anche discutibile il suo pensiero… Quanta la partecipazione attiva del lettore ideale capace di analisi e di critica del testo. Testo che non arriverebbe a compimento senza il discente. Infondo… il lettore, rielaborando il contenuto libresco, comprendendo l’intento e il pensiero dello scrittore, diventa un secondo autore, autonomo e capace di pensare liberamente.
Certo è che la parola scritta permane e la parola detta scompare…
Nella coscienza degli antichi è presente la consapevolezza che la parola materializzata nella forma scritta resiste al tempo e assicura al suo autore immortalità.
E Leopardi così si esprime: “ gli scrittori grandi hanno per destino di condurre una vita simile alla morte, e vivere… dopo sepolti”.
In “La schiuma del mare” la memoria pare rinvenire progressivamente dal petto del protagonista sollecitata da una cornice, o meglio, da un coro di personaggi, situazioni e combinazioni di eventi.
Se vero è che memoria individuale e collettiva necessitano di essere instancabilmente richiamate a presenza, forse, tuffandosi con eleganza nella profondità del mare e risalendo alla superficie “affiora” la memoria antica dell’identità collettiva che è molto di più di quella individuale.
Questo semplicemente scopro nel tuo spavaldo e commovente romanzo, Mattia.
Grazie.
Elisa.

Ali e Radici ha detto...

Sorry me... "La schiuma della memoria".