La schiuma della memoria

Qui si parla innanzitutto di un romanzo, uscito nel novembre del 2010 presso le edizioni Montag di Tolentino.
Il titolo è La schiuma della memoria e l'ho scritto io.
Poi si parla e si scrive di altre cose, di fotografie e di film, di libri letti e di teatro, di teatroterapia e di paesaggio. E di altro ancora. L'intenzione è comunque quella di raccordare la memoria con l'attualità per ritrovare il senso perduto degli eventi e per non dimenticare personaggi che con le loro vite hanno scritto pagine di storia non solo privata, ma anche collettiva. Molti di essi sono i miei riferimenti culturali e di valore. Il romanzo stesso dialoga con questi contenuti, in modo dinamico, in costante evoluzione, perché la memoria non è cristallizzazione ma è senso e significato. Mi piacerebbe che la lettura del blog desse anche il piacere della scoperta e di un punto di vista sul mondo spostato dalla norma, in qualche modo sorprendente. Buona lettura.

lunedì 28 aprile 2014

Nymph()maniac vol. 1 e 2


Ho visto i due volumi di Nymphomaniac di Lars von Trier a distanza di una settimana l'uno dall'altro.
La prima parte (Vol. 1) mi era piaciuta moltissimo. L'avevo trovata ricca di poesia, di colpi d'ala di regia, piena di idee e di scene memorabili, oltre che di alcuni dialoghi preziosi.
Pagine di cinema indimenticabili: le anime degli alberi, il parallelismo fra la pesca a mosca e la caccia agli uomini di ogni età delle due amiche adolescenti, lo spassoso episodio della signora H (con Uma Thurman, moglie tradita e abbandonata, surreale e grottesca), la frase di Joe sul tramonto ("Forse l'unica differenza fra me e gli altri è che io ho preteso di più dal tramonto, colori più spettacolari quando il sole arriva all'orizzonte, forse questo è il mio unico peccato"), il parallelismo fra un Cantus firmus per organo di Bach e la completezza dell'amore erotico (che per Joe è ottenibile in tre uomini dalle caratteristiche caratteriali e fisiche diverse, non in uno solo) e, infine, il bianco/nero struggente e lancinante sulla morte del padre di Joe all'ospedale che mette in scena il dolore vero di una figlia.
Ho trovato il film anche divertente, a tratti ridevo di gusto (per esempio nella scena della foto in alto).
Musiche strepitose, un incipit stile videoclip d'artista.
Insomma, se al cinema ridi, ti emozioni, ti commuovi e ti entusiasma l'uso del mezzo cinema, stai ottenendo il massimo dalla visione di un film.
Quindi avevo un'elevata aspettativa per il Vol. 2.
Che al contrario del precedente mi ha invece deluso.
A parte la fatica di essere costretto a vedere scene molto violente e molto realistiche (frustate, pestaggi a suon di pugni e calci...) con colpi che su un corpo femminile mi turbano sempre moltissimo (ma questo, in fin dei conti, è un problema mio), ho ritrovato pochi colpi d'ala della parte precedente. I momenti migliori sono stati proprio quelli in cui, in qualche modo, si ritornava a quei momenti poetici e geniali del primo volume (Joe che trova l'albero della sua anima); divertente qualche riferimento cinefilo (la pistola di 007, My name is Joe di Ken Loach, l'autocitazione di Antichrist). Per il resto il vol. 2 è il racconto di un degrado e di un buttarsi via crudele, autolesionistico e disperato, ma narrato non con la stessa leggerezza della prima parte. 
Poi che dire del finale: quando l'inquadratura è andata sulla porta chiusa, ho capito che cosa stava per succedere nelle scene successive.
Quindi o il finale è un pochino scontato o io sono un  genio come Lars von Trier. 
Fate voi.
Comunque state tranquilli che il finale non ve lo racconto.


1 commento:

Pegaso2 amaprok ha detto...

Devo ancora vederlo, ma mi fa venire voglia di farlo presto.
Grazie Mattia