L'albero senza ombra è il castagno della Bolivia, alias il noce del Brasile. Sì, pare siano la stessa cosa, l'ha detto Cesar Brie sabato sera, al Teatro al Parco. Albero senza ombra è uno spettacolo teatrale scritto, diretto, realizzato e interpretato da Cesar Brie, prodotto da Fondazione Pontedera Teatro. Forse potremmo definire lo spettacolo un esempio di teatro reportage: Brie ripercorre, in modo documentato e basato sulla sua testimonianza e sulle testimonianze dei protagonisti, un evento recente della cronaca boliviana. Un altro maledetto undici settembre. Quello del 2008, in cui nel Pando, regione della giungla boliviana, si è consumato un massacro di contadini. 11 morti e centinaia di feriti, decine di persone scomparse, probabilmente nel fiume, sotto il fuoco di squadristi contrari alla riforma agraria di Morales (la terra a chi la coltiva). Campesinos, che a Brie richiamano i contadini di Pasolini, in La terra di lavoro, ne Le ceneri di Gramsci.
"eccoli con il mento sul petto,/con le spalle contro lo schienale,/con la bocca sopra un pezzetto/di pane unto, masticando male,/miseri e scuri come cani/su un boccone rubato: e gli sale/se ne guardi gli occhi, le mani,/sugli zigomi un pietoso rossore,/in cui nemica gli si scopre l'anima. [...] Tu ti perdi nel paradiso interiore,/e anche la tua pietà gli è nemica."
I versi li cita Brie, nel foglio di sala. Il senso è non tanto quello di fare controinformazione, ma piuttosto quello di recuperare l'amarezza dell'abbandono dei contadini a se stessi, come nei versi di Pasolini (ricordo che Pasolini parlò di genocidio culturale dell'Italia contadina). E lanciare ungrido disperato: a chi può importare dei contadini boliviani qui in Occidente, in questa parte del mondo? La scelta di essere in scena da solo, di dare la parola ai morti e anche a qualche sopravvissuto è teatralmente resa molto bene, più che dalla recitazione di Brie (che ha un ottimo uso del corpo e un uso della voce che invece lascia a desiderare), dalla sua scenografia, semplicissima e poetica. Pochi oggetti che prendono vita e forme diverse durante la rappresentazione. Elementi simbolici naturali: ciotole metalliche piene di noci, un sacco di farina di mais colpito e aperto con un coltello mentre oscilla con un effetto molto efficace, una poltrona ai bordi della scena. Quando era all'interno del perimetro delineato dai suoi oggetti di scena, Brie era i vari personaggi, anche femminili, che raccontano, anche dal punto di vista degli aguzzini, l'episodio dell'11 settembre 2008; quando invece si sedeva sulla poltrona era il regista che rifletteva, che spiegava. Gli stracci bagnati che divengono prima bambini affogati nel fiume e poi un corpo sottoposto all'autopsia è stato uno dei momenti più commoventi ed esteticamente più alti dello spettacolo. Brie cerca di penetrare nel dolore degli altri, in un mondo che in parte è o è stato suo. Ne restituisce la distanza, la difficoltà di un riscatto, nonostante la presidenza Morales, che senz'altro ha ridato fiducia e dignità a indios e campesinos. Brie ci ricorda comunque che quel mondo distante è il nostro recente passato e che è anche il rovescio della medaglia della nostra ricchezza. E lo fa con poesia, con intensità.
Il blog di Mattia Toscani, il blog del romanzo La schiuma della memoria, La rosa della settimana
La schiuma della memoria
Qui si parla innanzitutto di un romanzo, uscito nel novembre del 2010 presso le edizioni Montag di Tolentino.
Il titolo è La schiuma della memoria e l'ho scritto io.
Poi si parla e si scrive di altre cose, di fotografie e di film, di libri letti e di teatro, di teatroterapia e di paesaggio. E di altro ancora. L'intenzione è comunque quella di raccordare la memoria con l'attualità per ritrovare il senso perduto degli eventi e per non dimenticare personaggi che con le loro vite hanno scritto pagine di storia non solo privata, ma anche collettiva. Molti di essi sono i miei riferimenti culturali e di valore. Il romanzo stesso dialoga con questi contenuti, in modo dinamico, in costante evoluzione, perché la memoria non è cristallizzazione ma è senso e significato. Mi piacerebbe che la lettura del blog desse anche il piacere della scoperta e di un punto di vista sul mondo spostato dalla norma, in qualche modo sorprendente. Buona lettura.
Il titolo è La schiuma della memoria e l'ho scritto io.
Poi si parla e si scrive di altre cose, di fotografie e di film, di libri letti e di teatro, di teatroterapia e di paesaggio. E di altro ancora. L'intenzione è comunque quella di raccordare la memoria con l'attualità per ritrovare il senso perduto degli eventi e per non dimenticare personaggi che con le loro vite hanno scritto pagine di storia non solo privata, ma anche collettiva. Molti di essi sono i miei riferimenti culturali e di valore. Il romanzo stesso dialoga con questi contenuti, in modo dinamico, in costante evoluzione, perché la memoria non è cristallizzazione ma è senso e significato. Mi piacerebbe che la lettura del blog desse anche il piacere della scoperta e di un punto di vista sul mondo spostato dalla norma, in qualche modo sorprendente. Buona lettura.
mercoledì 9 marzo 2011
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