Il mercurio è velenoso, tossico. Il mercurio riflette, lo utilizzavano per fare gli specchi, un tempo. Il romanzo di Amelie Nothomb, il sesto in ordine cronologico, ha a che fare con lo specchio e con i veleni dell'anima: la gelosia come possesso e l'invidia.
Mercurio è anche un romanzo sulla bellezza, direi più precisamente sulla bellezza femminile presa come paradigma.
Bellezza segregata e invisibile, bellezza segreta e inconsapevole.
C'è un mostro, anche in questo romanzo.
Non è obeso come altri mostri creati da Amelie; è vecchio e ricchissimo, potente e con al servizio schiere di servitori obbedienti, silenziosi e compiacenti.
Il vecchio nasconde segreti e ragazze nella sua villa, nelle cui stanze avvengono fatti disgustosi, di cui il vecchio, spinto dal suo morboso desiderio, tiene le fila come un burattinaio. Ma no, che cosa avete capito?! Non è un romanzo su Berlusconi...
Ancora una volta, come nei migliori romanzi targati Nothomb, una donna tenace e intelligente ha la meglio su un uomo orrendamente rappresentato. E allora apro una parentesi e mi viene da chiedermi: ma che maschi ha conosciuto la nostra Amelie?
Comunque, chiusa la parentesi, colpi di scena a bizzeffe, scoperte che il lettore è in grado di fare solo a poco a poco, tensione narrativa tenuta alta dalla bravura della Nothomb e dialoghi serrati e baciati dal lume dell'intelligenza di questa scrittrice affascinante e intrigante sono gli ingredienti del romanzo.
Ci sono anche diverse citazioni di libri della letteratura francese, su tutti: Il conte di Montecristo di Alexandre Dumas padre e La Certosa di Parma di Stendhal, che in qualche modo hanno a che fare con la vicenda narrata da Nothomb.
C'è anche il potere salvifico della letteratura, ironicamente metaforizzato da Amelie in una scala costruita coi libri per fuggire dalla prigionia.
Con una sorpresa in più, quella che davvero non puoi aspettarti: due finali. Il bello è che non solo non ha saputo scegliere Nothomb; neanche il lettore (parlo di me naturalmente) sa scegliere a quale finale affidare lo scioglimento della vicenda. Bel gioco narrativo anche questo, no?
Mercurio è anche un romanzo sulla bellezza, direi più precisamente sulla bellezza femminile presa come paradigma.
Bellezza segregata e invisibile, bellezza segreta e inconsapevole.
C'è un mostro, anche in questo romanzo.
Non è obeso come altri mostri creati da Amelie; è vecchio e ricchissimo, potente e con al servizio schiere di servitori obbedienti, silenziosi e compiacenti.
Il vecchio nasconde segreti e ragazze nella sua villa, nelle cui stanze avvengono fatti disgustosi, di cui il vecchio, spinto dal suo morboso desiderio, tiene le fila come un burattinaio. Ma no, che cosa avete capito?! Non è un romanzo su Berlusconi...
Ancora una volta, come nei migliori romanzi targati Nothomb, una donna tenace e intelligente ha la meglio su un uomo orrendamente rappresentato. E allora apro una parentesi e mi viene da chiedermi: ma che maschi ha conosciuto la nostra Amelie?
Comunque, chiusa la parentesi, colpi di scena a bizzeffe, scoperte che il lettore è in grado di fare solo a poco a poco, tensione narrativa tenuta alta dalla bravura della Nothomb e dialoghi serrati e baciati dal lume dell'intelligenza di questa scrittrice affascinante e intrigante sono gli ingredienti del romanzo.
Ci sono anche diverse citazioni di libri della letteratura francese, su tutti: Il conte di Montecristo di Alexandre Dumas padre e La Certosa di Parma di Stendhal, che in qualche modo hanno a che fare con la vicenda narrata da Nothomb.
C'è anche il potere salvifico della letteratura, ironicamente metaforizzato da Amelie in una scala costruita coi libri per fuggire dalla prigionia.
Con una sorpresa in più, quella che davvero non puoi aspettarti: due finali. Il bello è che non solo non ha saputo scegliere Nothomb; neanche il lettore (parlo di me naturalmente) sa scegliere a quale finale affidare lo scioglimento della vicenda. Bel gioco narrativo anche questo, no?
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