L'Emilia, una terra, una donna. In Emilia il primo sciopero lo hanno fatto le donne. Oreste Braghieri ha raccontato ieri a Montecchio, in tre tappe, una terra che non c'è più. Emilia, o di una scomparsa. Spettacolo teatrale in tre tappe. La prima all'aperto, sul prato di una casa di campagna, immersi in un tepore anomalo per una giornata dei primi di febbraio, dove si sono rivissuti un poetico San Martino (cioè un trasloco rurale) e un parto in casa; la seconda nella sala del castello, dove sono state recitae poesie di Attilio Bertolucci e proiettate sui muri le foto di cui già ho scritto in precedenza (3 febbraio e 15 dicembre); la terza, infine, nella palestra della scuola elementare, dove si è raccontata una fiaba ambientata in un'osteria.
Una terra che non c'è più, non solo in senso nostalgico, ma proprio fisico. I recenti dati sul consumo di suolo, pubblicati da Legambiente, Politecnico di Milano e Istituto Nazionale di Urbanistica, ci dicono come in Emilia Romagna la media di urbanizzazione del suolo proceda, dal 1976, a ritmi di oltre 8 ettari al giorno.
Anche l’introduzione di strumenti urbanistici di nuova generazione (i cosiddetti PSC al posto dei vecchi PRG) sembra possa avere incrementato questo consumo incontrollato di territorio in una regione che in passato era considerata un laboratorio di pianificazione urbanistica. I Sindaci sono troppo assillati da esigenze di bilancio e troppo esposti alle pressioni delle lobby locali per poter seriamente pensare ad una contrazione dell’edificazione. Unica strada veramente percorribile sarebbe un rafforzamento del controllo regionale, mediante la fissazione di un limite massimo di ettari di nuova edificazione che il nostro territorio può sopportare. La mancanza di tale limite lascia il nostro patrimonio di suolo libero in mano a spinte anarchiche, che nulla hanno a che fare con la tutela dell’ambiente e della bellezza o con la realizzazione di modelli virtuosi di urbanistica.
Anche l’introduzione di strumenti urbanistici di nuova generazione (i cosiddetti PSC al posto dei vecchi PRG) sembra possa avere incrementato questo consumo incontrollato di territorio in una regione che in passato era considerata un laboratorio di pianificazione urbanistica. I Sindaci sono troppo assillati da esigenze di bilancio e troppo esposti alle pressioni delle lobby locali per poter seriamente pensare ad una contrazione dell’edificazione. Unica strada veramente percorribile sarebbe un rafforzamento del controllo regionale, mediante la fissazione di un limite massimo di ettari di nuova edificazione che il nostro territorio può sopportare. La mancanza di tale limite lascia il nostro patrimonio di suolo libero in mano a spinte anarchiche, che nulla hanno a che fare con la tutela dell’ambiente e della bellezza o con la realizzazione di modelli virtuosi di urbanistica.
In tutti i casi il rischio è quello di una perdita di patrimonio paesistico e paesaggistico, da contrastare nei modi che la Convenzione Europea ci suggerisce valorizzando la percezione locale del paesaggio e il valore identitario che esso assume per le comunità locali e dando una ragione in più alle politiche di istituzione di aree protette opportunamente “messe in rete”, intese sia come contrasto efficace all’erosione di risorse strutturali (vedi in particolare i fiumi), nelle aree a forte pressione antropica, sia come ricomposizione consapevole entro una strategia di servizio ambientale di quelle aree marginali scese – temporaneamente, ci dice la storia - sotto la soglia di utilità economica.
Dobbiamo in aggiunta a tutto ciò avere presente anche un’altra minaccia, connessa alla perdita di suolo agricolo, vale a dire la possibilità per esso di essere concausa del dissesto idrogeologico, per effetto di una impermeabilizzazione imprudente o per conseguenza di una campagna non più drenata e manutenuta dagli agricoltori.
E così le tematiche dell'ambientalismo e quelle della bellezza del paesaggio si saldano in un unico ragionamento. E le persone cambiano dentro di sé al cambiare dei luoghi in cui vivono. E il teatro di Oreste Braghieri racconta tutto ciò con rabbia e malinconia.
Una rosa all'Emilia che resiste alla scomparsa, una rosa per tutti coloro che l'hanno resa terra libera e forte.
Qui di seguito le fotografie di alcuni momenti dello spettacolo, esito finale del laboratorio condotto a Montecchio da Oreste braghieri. Le foto le ho scattate io ieri pomeriggio, un pomeriggio intero di teatro, dalle 14,30 alle 20.
1 commento:
Trovo queste foto narrative. Ho sempre considerato una missione difficile fotografare o fare video di uno spettacolo teatrale in quanto credo che la messa in scena va vissuta nel momento in cui si produce davanti ai tuoi occhi. Il prima o il dopo, risulterebbe quindi riduttivo e non vero. Credo, però, che queste immagini riescano ad essere abbastanza narrative in quanto incuriosiscono il lettore e/o spettatore a costruire anche una propria storia a riguardo.Mi riferisco in particolare ai primi piani degli attori, così come alla luce degli spazi utilizzati.Oltre a questo c'è la magia del teatro.
Eliana
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