Oggi è il 5 marzo. Con entusiasmo e con dolore ricordo che è la data di nascita di Pier Paolo Pasolini, avvenuta a Bologna nel 1922. Con entusiasmo perché, per quanto mi riguarda, Pier Paolo Pasolini è la figura di riferimento come intellettuale, come interpretazione del ruolo dell'intellettuale nella società. Un ruolo critico, di stimolo culturale, di riflessione mai banale, di capacità di leggere e interpretare i fatti al di là dell'accertamento dei dati.
A questo proposito, riporto qui sotto uno dei brani più significativi al riguardo, scritti da Pasolini.
È l”Io so” o “Romanzo delle stragi”, comparso sul Corriere della sera il 14 novembre 1974, col titolo: “Che cos’è questo golpe?”.
Il romanzo delle stragi. 14 novembre 1974
Io so.
Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato golpe.
Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974.
Io so i nomi del vertice che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di golpe, sia i neofascisti autori materiali delle prime stragi. Io sono i nomi di coloro che, fra una messa e l’altra, hanno dato le disposizioni e assicurato la protezione politica a vecchi generali e a giovani neofascisti. Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno scelto le suicide atrocità fasciste.
Io so tutti i nomi e so tutti i fatti di cui si sono resi colpevoli.
Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.
Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di leggere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero. Tutto ciò fa parte del mio mestiere e dell’istinto del mio mestiere. Credo che sia difficile che il mio progetto di romanzo sia sbagliato, che non abbia cioè attinenza con la realtà, e che i suoi riferimenti a fatti e persone reali siano inesatti.
Il potere è responsabile dei tentativi di colpo di stato e delle stragi.
L'intellettuale deve sapere andare oltre i fatti, deve saperli collegare fra loro, deve saper ricostruire una visione diversa da quella stereotipata proposta dai media, deve suggerire alternative, non semplicemente prendere atto del reale e delle proposte altrui.
Ogni suo intervento scatenava una polemica, ma faceva riflettere. Quante volte mi sono chiesto: che cosa direbbe oggi Pasolini, che già nel 1975 aveva capito il potere dei media e in particolare della tv, il potere del consumismo di distruggere le coscienze critiche, di addormentare il paese. Aveva capito l'uso che il potere avrebbe fatto del sesso. Rileggere ora Pasolini (articoli, saggi, poesie, romanzi, teatro), rivedere i suoi film fa un effetto strano. Certe cose sembrano scritte per interpretare la realtà odierna. E' impressionante sapere e ricordare che invece è stato ucciso la notte fra l'1 e il 2 novembre del 1975, ben 36 anni fa.
Proprio il 2 novembre scorso ho pubblicato un post su Pasolini, Pasolini e la ciltura come cibo.
Più volte l'ho citato in altri post, perché per me è un riferimento costante, continua a forinirmi chiavi di lettura assolutamente originali e indispensabili.
Pubblico oggi nel blog una pagina di approfondimento (che è il testo integrale di un saggio pubblicato presso Unicopli nel testo Tra il dire e lo scrivere. Saggi sull'oralità di ritorno, 2008, da me curato con Alessandra Pozzi), che trovate nella stringa della home page del blog, Una disperata passione di essere nel mondo.
A essa rimando per chi volesse andare oltre il richiamo alla figura di Pasolini e volesse approfondire la ricostruzione di alcuni aspetti del suo lavoro. Più di ogni altra cosa il nostro Autore è definibile come poeta, un poeta che sapeva dire di no. Il poeta, come l'intellettuale, credo che debba saper dire di no. E saper dare visioni diverse, saper cogliere ciò che altri non colgono, fare un lavoro di scavo nel senso e nel significato delle parole e delle immagini, di ogni altro elemento culturale. Abbiamo bisogno di "no", abbiamo bisogno di scavi nel senso e nel significato, abbiamo bisogno di visioni alternative, di poter immaginare un futuro diverso.
Su Pasolini ho avuto modo di lavorare anche col teatro, col mio gruppo Civico Teatro Inesistente.
Rimando ad altre pagine web che illustrano il nostro lavoro, messo in scena al Parma Poesia Festival del 2009.
Aggiungo anche altri link selezionati per conoscere la vita e il lavoro di Pasolini, uno dei grandi, forse il più grande del novecento italiano, anche perché ha saputo esprimere le sue idee, le sue visioni in un linguaggio poetico, qualsiasi fosse la forma espressiva scelta. E scusate se sottolineo più volte questo aspetto della poesia costantemente presente in Pasolini, perché è un aspetto spesso dimenticato. Pasolini va visto come poeta sempre e comunque, oltre che come intellettuale.
Come già per De André, provo, con difficoltà, a stilare una playlist delle opere migliori.
In forma di poesia: La nuova gioventù, Le ceneri di Gramsci.
In forma di cinema: La ricotta (in RoGoPaG), Il vangelo secondo Matteo, Che cosa sono le nuvole? (in Capriccio all'italiana), Teorema, Porcile, Il fiore delle Mille e una notte, Salò.
In forma di saggistica: Scritti corsari, Lettere luterane.
In forma di romanzo: Ragazzi di vita, Una vita violenta, Teorema.
In forma di teatro: Calderòn, Pilade.
Ma tutto quanto merita di essere leto, visto, meditato.
L'opera di Pasolini è un lungo, incompiuto poema, in fondo.
Infatti, l'ultimo lavoro, su cui sono ancora aperte molte questioni e qualche mistero, che in parte affronto nel saggio citato qui sopra, è l'incompiuto Petrolio.
Il lungo poema incompiuto è un capolavoro assoluto, di cui ho segnalato, secondo il mo gusto, i capitoli più elevati.
Nessun commento:
Posta un commento