Il 10 febbraio 1898 nacque ad Augusta, in Germania, Bertolt Brecht: scrittore, poeta, drammaturgo.
Al momento dell'avvento al potere di Hitler, nel 1933, si trovava ricoverato all'ospedale: senza neanche passare da casa sua, fece le valigie e dall'ospedale fuggì a Praga, poi successivamente a Vienna, Zurigo, poi a giugno a Parigi. Lì venne raggiunto anche da Margarete Steffin. Nel maggio dello stesso anno i suoi libri vennero messi al rogo. Viaggiò molto a Parigi, Londra, New York, per rappresentare i suoi testi teatrali.
Nel 1948 ritornò a Berlino Est insieme alla moglie, Helene Weigel, dove fondò il teatro Berliner Ensemble, che diventò una delle più importanti compagnie teatrali europea, e si dedicò soprattutto alla attività di regista. Dopo avere celebrato l'epica del conflitto sociale vista dall'interno dell'inferno nazista, gli toccò vivere sotto il socialismo reale, che non amò, ma col quale, di fatto, non ruppe mai, pur denunciando la repressione antioperaia del 1953.
Nel 1956, dopo un virus influenzale aggressivo, morì di infarto.
Secondo la sua volontà, Brecht fu seppellito senza cerimonie nel cimitero di Dorotheenstadtischer Friedhof in Chausseestrasse, che si scorgeva dalle finestre della sua abitazione dove viveva da separato in casa con la moglie. Là giace in un angolo adiacente la strada, di fronte alle tombe di Hegel e di Fichte, sotto una pietra dai contorni irregolari, che porta incise soltanto le lettere del suo nome: Bertolt Brecht.
Alla tomba, al cimitero lì vicino, per giorni si poté osservare un continuo andirivieni. Accanto alla tomba di Brecht ora riposano le persone che gli hanno voluto bene e che hanno lavorato con lui: la moglie Helene Weigel, Elisabeth Hauptmann, Ruth Berlau, Kurt Engel, Gaspar Neher.
Il teatro era per Brecht uno strumento del cambiamento, era teatro sociale per il cambiamento: "Una cosa è ormai chiara: il mondo d'oggi può essere descritto agli uomini d'oggi solo a patto che lo si descriva come un mondo che può essere cambiato". (Il mondo d'oggi e il teatro, 1955, in Scritti teatrali). Concetto tipicamente marxista.
Il teatro epico, da lui teorizzato e praticato, non doveva coinvolgere emotivamente lo spettatore, ma farlo ragionare sulla realtà sociale grazie al processo dello straniamento. Uno degli accorgimenti più efficaci per ottenere l'effetto di straniamento era quello di pronunciare ad alta voce le didascalie e i commenti, che spesso i drammaturghi scrivo a margine delle opere. Nello stesso tempo, Brecht sentiva l'esigenza profonda di un teatro che fosse anche popolare, capace di parlare a tutti, proprio perché il teatro doveva raggiungere le persone, insegnare loro qualcosa e stimolare il cambiamento sociale.
Lessi diversi dei suoi lavori teatrali da ragazzo. Vita di Galileo mi fece profondamente incazzare e contribuì ad allontanarmi dalla chiesa.
L'opera da tre soldi contiene una ballata che definirei quanto meno molto attuale e che mi auguro possa divenire nei prossimi giorni anche profetica, la Ballata della schiavitù sessuale:
"Guardatelo: si atteggia a satanasso, a ammazzasette dal coltello rosso, a rovinafamiglie, a puttaniere e dalle donne si fa poi fregare. Lo voglia o no non sfugge alla sua sorte: la schiavitù sessuale è la più forte. Dice: -Non riconosco né vangeli né codici.
Il mondo è suo dominio incontrastato. Dice: -Chi vede donna è già spacciato e intorno a me non ne voglio vedere.
Parli pur finché vuole, ci ricasca: è appena scesa notte e già cavalca."
Non sa parlarci dell'Italia di oggi?
L'opera da tre soldi, al di là di questa curiosa attualità rispolverata, è stato il lavoro teatrale di Brecht che più ho amato, di cui vorrei ricordare l'inizio, per me folgorante, vera letteratura narrativa e non semplicemente testo per il teatro:
"I mendicanti mendicano, i ladri rubano, le puttane puttaneggiano. Un cantastorie canta una delle sue storie".
Così iniziai una lettera notturna indirizzata a una ragazza di cui ero innamorato. Non ebbi successo, ma sicuramente non fu per colpa di Brecht.
Il blog di Mattia Toscani, il blog del romanzo La schiuma della memoria, La rosa della settimana
La schiuma della memoria
Qui si parla innanzitutto di un romanzo, uscito nel novembre del 2010 presso le edizioni Montag di Tolentino.
Il titolo è La schiuma della memoria e l'ho scritto io.
Poi si parla e si scrive di altre cose, di fotografie e di film, di libri letti e di teatro, di teatroterapia e di paesaggio. E di altro ancora. L'intenzione è comunque quella di raccordare la memoria con l'attualità per ritrovare il senso perduto degli eventi e per non dimenticare personaggi che con le loro vite hanno scritto pagine di storia non solo privata, ma anche collettiva. Molti di essi sono i miei riferimenti culturali e di valore. Il romanzo stesso dialoga con questi contenuti, in modo dinamico, in costante evoluzione, perché la memoria non è cristallizzazione ma è senso e significato. Mi piacerebbe che la lettura del blog desse anche il piacere della scoperta e di un punto di vista sul mondo spostato dalla norma, in qualche modo sorprendente. Buona lettura.
Il titolo è La schiuma della memoria e l'ho scritto io.
Poi si parla e si scrive di altre cose, di fotografie e di film, di libri letti e di teatro, di teatroterapia e di paesaggio. E di altro ancora. L'intenzione è comunque quella di raccordare la memoria con l'attualità per ritrovare il senso perduto degli eventi e per non dimenticare personaggi che con le loro vite hanno scritto pagine di storia non solo privata, ma anche collettiva. Molti di essi sono i miei riferimenti culturali e di valore. Il romanzo stesso dialoga con questi contenuti, in modo dinamico, in costante evoluzione, perché la memoria non è cristallizzazione ma è senso e significato. Mi piacerebbe che la lettura del blog desse anche il piacere della scoperta e di un punto di vista sul mondo spostato dalla norma, in qualche modo sorprendente. Buona lettura.
giovedì 10 febbraio 2011
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