Quello che segue è un racconto brevissimo, comunque riportato integralmente, tratto dalla raccolta "Anthropology. Centouno storie di non amore" di Dan Rhodes (Le Vespe, 2000). Un breve, graffiante flash.
Mi ha sempre divertito, soprattutto perché si visualizza facilmente la scena. Buona lettura.
Azzurra perse la sua battaglia per la vita e al funerale feci un discorso. "So che per tutti i presenti lei era speciale" dissi con la voce strozzata, "ma per me ancora di più, dato che ero il suo ragazzo".
Si alzò un bell'uomo con la mascella quadrata e gridò: "No, non è vero! Ero io il suo ragazzo!". Poi un uomo alto e di un bel colore bruno fece la stessa cosa. In breve fummo in otto a scazzottarci più forte che potevamo mentre le lacrime ci rigavano le guance. Gli altri non parteciparono al tafferuglio, né parvero stupiti. Si limitarono a distogliere lo sguardo scuotendo la testa con disappunto.
3 commenti:
l'unica cosa che rimaneva da contendersi era chi fosse il detentore del dolore maggiore, perchè anche questo è misura di possesso
Grazie Shadow. Il tuo commento mi ha stupito con un nuovo punto di vista. Tu leggi il racconto in modo profondo, scavando nel senso. Io l'ho sempre visto semplicemente come una scena grottesca e un po' surreale, senz'altro divertente per le sue anomalie. Comunque amore e possesso non vanno d'accordo e nel titolo della raccolta si parla di non amore.
A presto
mattia
ero in imbarazzo mentre lasciavo il mio pensiero, mi pareva azzardato, anche perchè non conosco né l'autore né la raccolta, ma il grottesco non è che rappresentazione delle nostre miserie amplificate di un poco, molto poco :-)
grazie a te
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