La schiuma della memoria

Qui si parla innanzitutto di un romanzo, uscito nel novembre del 2010 presso le edizioni Montag di Tolentino.
Il titolo è La schiuma della memoria e l'ho scritto io.
Poi si parla e si scrive di altre cose, di fotografie e di film, di libri letti e di teatro, di teatroterapia e di paesaggio. E di altro ancora. L'intenzione è comunque quella di raccordare la memoria con l'attualità per ritrovare il senso perduto degli eventi e per non dimenticare personaggi che con le loro vite hanno scritto pagine di storia non solo privata, ma anche collettiva. Molti di essi sono i miei riferimenti culturali e di valore. Il romanzo stesso dialoga con questi contenuti, in modo dinamico, in costante evoluzione, perché la memoria non è cristallizzazione ma è senso e significato. Mi piacerebbe che la lettura del blog desse anche il piacere della scoperta e di un punto di vista sul mondo spostato dalla norma, in qualche modo sorprendente. Buona lettura.

martedì 18 ottobre 2011

Un poeta

Oggi è mancato Andrea Zanzotto.
Nato a Pieve di Soligo il 10 ottobre del 1921, aveva da poco compiuto novant'anni. E' morto nell'ospedale di Conegliano, a due passi dal paese natale. Aveva partecipato alla Resistenza, nelle brigate di Giustizia e libertà. L'esperienza partigiana e l'attaccamento al suo territorio ed al suo passato ne hanno segnato l'opera, come elementi che ritornavano attraverso i temi sociali, politici e ambientali. Nel giorno del suo 90° compleanno era stato intervistato dal Tg3 del Veneto nella sua casa di Soligo: "Che cosa si capisce della vita dopo 90 anni? Niente - aveva risposto al giornalista - per dire parole che valgano la pena bisognerebbe almeno averne 900 di anni...".
Parole miti, ma Andrea Zanzotto non ha mai interrotto la sua riflessione sulla natura, sulle violenze della Storia, sulla società e sulla politica. Scriveva e il suo linguaggio, a volte difficile, affondava nella realtà e nei grandi interrogativi della società occidentale per poi librarsi e trasformarsi in un messaggio di speranza, in una lode alla realtà e alla libertà. A volte, come nel caso della Lega nord, definita una "peste", la sua voce si faceva sferzante, arma affilata per una battaglia civile. La poesia non fu una scelta, ma una vocazione. Cantilene, filastrocche, strofette avevano esercitato su di lui, fin dall'infanzia a Pieve di Soligo, un'attrazione fatale. L'opera prima è del 1950. Dietro il paesaggio, legata a una personale forma di elegia, alla campagna veneta e a tarde suggestioni ermetiste. Nella raccolte successive la poetica di Zanzotto, pur continuando a trovare ispirazione nel paesaggio, ha una svolta: viene introdotto un io autobiografico pieno di ansie e interrogativi ma c'è anche uno spostamento formale con una lingua simile al sogno, che imita i meccanismi dell'incoscio e si avvicina alla neoavanguardia. Il mondo, tutto intorno a lui sta cambiando: l'Italia è ormai immersa in una nuova realtà industriale e consumistica che a Zanzotto, poeta e intellettuale impegnato, sembra invadente e nevrotizzante. Nel '68 un'ulteriore svolta. Esce infatti La Beltà, presentata a Roma da Pier Paolo Pasolini e considerata dalla critica uno dei maggiori risultati della poesia italiana della seconda metà del XX secolo: gli oggetti esterni, il paesaggio e la natura sono ancora presenti ma appiattiti perchè la realtà esterna è ora distrutta dalla società dei consumi. Tutto è in crisi e in discussione e in questo vortice l'unico appiglio è il linguaggio che diventa rarefatto, ammasso di fonemi e balbettii. E' il linguaggio dei bambini, fermo a uno stadio di semincoscienza. D'altronde in tutta la sua ricerca poetica, anche nelle tappe intermedie in lingua veneta, punto costante è il linguaggio che muta e si deforma ma sempre per riflettere sulla realtà e sull'individuo, soggetto di riflessioni filosofiche ed esistenziali. Al centro il silenzio della Natura e le violenze della Storia, l'ordine e il disordine. Accanto alla sua produzione poetica, vastissima e ripercorribile attraverso l'antologia che Mondadori gli dedica negli Oscar, il suo impegno civile. Che partiva dal Veneto, la terra tanto amata e cantata, difesa dalla speculazione e dalla devastazione del paesaggio ma anche dal partito del territorio per eccellenza, la Lega nord, al quale rimproverava, a proposito di linguaggio, un uso a sproposito, dozzinale e deformante del dialetto, che per lui era lingua madre e ricrca linguistica. L'amore per il paesaggio, per la sua integrità è forse la nota dominante e costante di tutta la sua poesia.
Io ebbi la fortuna di ascoltare una sua lezione magistrale al liceo classico Romagnosi di Parma, quando lo frequentavo nella seconda metà degli anni '70. Fui folgorato dalla bellezza dei suoi versi e dal suo amore per la ricerca espressiva, dalla sua pacatezza  e umiltà nel proporsi a dei ragazzini un po' presuntuosi.

Un po' di frammenti, vagando qua e là nella sua opera poetica.

O terra invano medicata/da tutto il verde/che promettevi negando le tue sere;/sere palpebre oppresse dal fango dei cieli.
***
La case che camminano sulle acque/e che vogliono dirmi/benvenuto, se scendo dalla sera,/ le case che camminano sulle acque
***
LA PERFEZIONE DELLA NEVE
Quante perfezioni, quante/quante totalità./ Pungendo aggiunge./ E poi astrazioni astrificazioni formulazioni d'astri/assideramento, attraverso sidera e caelos/assideramenti assimilazioni
***
LA PASQUA A PIEVE DI SOLIGO
Aleph: Da quali chiuse o antri, da che chiese o macelli/da che prati infiniti, polveri, geli, velli,/ da che eczemi diffusi, da che parestesie/diffuse, in che paresi in che cloni in che mie/o tue carenze alterne, mie o teu semipresenze,/ riapparizioni di straforo, giochi di sbiechi e intermittenze,/ rifiorisco siccome fatuo vanto di riscrivere/lo squisitoinsatellirsi, al non vivere, di ogni vivere,/ rifiorisco per dire peste: a calcolo e a sorte,/ vivo sarò la tua peste, morto sarò la tua morte?
***
lassù, nei dintorni del tirar vento di stelle/si accenderanno i nostri mille parlari e pensieri nuovi/in un parlare che sarà uno per tutti,/ fondo come in un baciare,/ aperto sulla luce, sul buio,/ davanti la mannaia piantata nel buio/ col suo taglio chiaro, appena affilato da sempre.

Nessun commento: