La schiuma della memoria

Qui si parla innanzitutto di un romanzo, uscito nel novembre del 2010 presso le edizioni Montag di Tolentino.
Il titolo è La schiuma della memoria e l'ho scritto io.
Poi si parla e si scrive di altre cose, di fotografie e di film, di libri letti e di teatro, di teatroterapia e di paesaggio. E di altro ancora. L'intenzione è comunque quella di raccordare la memoria con l'attualità per ritrovare il senso perduto degli eventi e per non dimenticare personaggi che con le loro vite hanno scritto pagine di storia non solo privata, ma anche collettiva. Molti di essi sono i miei riferimenti culturali e di valore. Il romanzo stesso dialoga con questi contenuti, in modo dinamico, in costante evoluzione, perché la memoria non è cristallizzazione ma è senso e significato. Mi piacerebbe che la lettura del blog desse anche il piacere della scoperta e di un punto di vista sul mondo spostato dalla norma, in qualche modo sorprendente. Buona lettura.

sabato 4 giugno 2011

La porta

Ho finito di leggere nei giorni scorsi La porta di Magda Szabo. Non conoscevo questa scrittrice. Gran penna, la Szabo. La vicenda è moooolto femminile, narra di un rapporto conflittuale e difficile fra due donne, la voce narrante, che è una scrittrice come la Szabo, e la sua domestica, una vecchia che nasconde segreti e ha un carattere impossibile. La storia è apparentemente molto quotidiana, fra pulizie di casa, piatti cucinati, protocolli comportamentali da decifrare, passeggiate col cane, reazioni verbalmente violente e silenzi eloquenti. Poi, pagina dopo pagina, si disvela un mondo, anzi si disvelano due mondi: quello racchiuso dietro la porta di Emerenc, la domestica, e quell'altro che Emerenc si porta dentro, che comprende le vicende più dolorose dell'Ungheria e dell'Europa del XX secolo. Memoria individuale e memoria collettiva. Insomma, un po' come 'sto blog. Il tutto si rivela a poco a poco, come in un giallo. Notevole la tensione narrativa che la Szabo riesce a creare dal nulla, da una quotidianità anche piuttosto noiosa, priva di eventi da ricordare, regolata da costumi a me assai lontani.
Voglio annotare qui alcuni passaggi, il primo metanarrativo sulla scrittura:
"la scrittura non è un padrone condiscendente, le frasi se restano interrotte, non ritrovano più la completezza dell'armonia originaria".
E' il mistero della scrittura. Come nasce quella voce che ti suggerisce le frasi, che devi ascoltare con cura e attenzione, senza distrarti, altrimenti le frasi che ti vengono a visitare scapapno via e chi le ritrova più?
E poi le parole di Emerenc, sempre molto franche e quasi feroci, in questo caso a proposito del digiuno del venerdì santo che la scrittrice pratica per tradizione:
"A me le sue fissazioni non interessano e, mi creda, cucinare le prugne è meno faticoso che sviscerare un pollo, ma è un piatto che io le ho sempre cucinato, mangi pure quel che vuole se crede che conti lassù in cielo. Il suo Dio è molto strano se fa attenzione alle prugne, il mio, se esiste, è dappertutto".
E ancora, nelle parole della scrittrice, la riconoscenza per il dono più grande di Emerenc:
"Mi aveva trasmesso la pretesa che nell'arte non fossero le macchine, la tecnica, a scuotere i rami degli alberi, bensì la passione autentica - questo era molto, era il dono più importante di Emerenc".
La porta, in fondo, è proprio un libro sul dono dell'amicizia, quella vera, quella profonda. E qui c'è della poesia, della profondità.
Anche se poi alcune situazioni mi infastidiscono, mi irritano, forse perché non le capisco fino in fondo e le considero un po' roba da femmine complicate, forse un po' isteriche.
E adesso starete pensando: quanto sei irascibile, Mattia.

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