La schiuma della memoria

Qui si parla innanzitutto di un romanzo, uscito nel novembre del 2010 presso le edizioni Montag di Tolentino.
Il titolo è La schiuma della memoria e l'ho scritto io.
Poi si parla e si scrive di altre cose, di fotografie e di film, di libri letti e di teatro, di teatroterapia e di paesaggio. E di altro ancora. L'intenzione è comunque quella di raccordare la memoria con l'attualità per ritrovare il senso perduto degli eventi e per non dimenticare personaggi che con le loro vite hanno scritto pagine di storia non solo privata, ma anche collettiva. Molti di essi sono i miei riferimenti culturali e di valore. Il romanzo stesso dialoga con questi contenuti, in modo dinamico, in costante evoluzione, perché la memoria non è cristallizzazione ma è senso e significato. Mi piacerebbe che la lettura del blog desse anche il piacere della scoperta e di un punto di vista sul mondo spostato dalla norma, in qualche modo sorprendente. Buona lettura.

sabato 19 marzo 2011

Il gioiellino

Nei giorni scorsi ho visto Il gioiellino di Andrea Molaioli. Sensazione strana. Quella di esserci, o meglio, di esserci stato. Molaioli giura e spergiura che non si tratta di un film sulla Parmalat, ma gli ingredienti ci sono tutti: un'industria ubicata in provincia che produce latte, yogurt, merendine, biscotti, e succhi di frutta, proprio come la Parmalat (nel film si chiama Leda); il patron vecchio stile un po' casa chiesa e famiglia e un po' cialtrone dalla fede solo esibita e dal perbenismo di facciata, con un nome improponibile: Amanzio (non che Callisto, il nome di Tanzi, patron della Parmalat, sia meglio...); il figlio presidente della squadra di calcio, usata come un giocattolino insieme alle macchine sportive, proprio come faceva il figlio di Tanzi; l'acquisto del settore turismo per ingraziarsi i favori di una banca, proprio come fece Tanzi con il Banco di Napoli, acquisendo Club Vacanze e la Cit, che insieme alla Donzelli e World vision Travel andarono a comporre la galassia Parmatour, buco nero finanziario in cui si disperse poco alla volta il patrimonio aziendale, fungendo da fondo per prelievi familiari. E ancora: la vendita a Berlusconi di un giocatore considerato fino a pochi minuti prima incedibile (alla squadra di Tanzi, il Parma, successe con Gilardino), gli assalti con monetine dei risparmiatori truffati dalle obbligazioni, del tutto simili a quelli della vicenda dei bond Parmalat. Eppoi molte delle parole pubbliche del ragionier Tonna, contabile della Parmalat, le ritroviamo in bocca a Toni Servillo, che interpreta magistralmente tal ragionier Botta nel film. Come la sua famosa frase, rivolta ai giornalisti presenti il giorno dell'arresto: "Vi auguro di morire di morte lenta con molte sofferenze".
Insomma, non sarà proprio un film sul crack Parmalat, ma ci assomiglia molto. Probabilmente la vicenda Parmalat è stata presa come emblema del capitalismo nostrano, delle sue collusioni e del suo meschino senso del potere. Significative due frasi pronunciate da Amanzio Rastelli: "Ognuno vuole la sua fetta e il piatto resta vuoto"; "A nessuno conviene accorgersi di niente". Nel racconto Lo strano caso della Parmalat, ovvero Copropoli e altre città, pubblicato in Strani risvolti quotidiani, la mia raccolta di racconti del 2004, definivo Parma una città di tetrapack, per significare come il potere di Tanzi fosse molto ramificato in vari posti chiave della città. Ma cominciato il declino, Tanzi non se lo ricordava più nessuno, non se lo filava più nessuno, nessuno lo voleva vicino allo stadio o a messa. Prima invece, facevano la fila, per essergli vicini e farsi fotografare con lui.
Quindi la sensazione si fa ancora più forte: io c'ero e davvero è andata così, l'ho anche già raccontata questa storia. Che ci piaccia o no, Parma è anche questo.
Del film rimangono da dire parecchie cose.
Innanzitutto, il racconto di un intero sistema guasto, in cui il successo di facciata si intreccia ai rapporti coi poteri forti (i ricatti delle banche, non solo italiane; le complicità politiche esplicite e spesso bipartisan, non si sa mai; le mazzette alle guardie di finanza, così si sistemano i controllori con regali adeguati; il silenzio complice e indecente della chiesa, purché si vada a messa insieme ai familiari).
Quindi: cinema etico, morale, che analizza e critica ferocemente i guasti del sistema. Duro da digerire, ma, di nuovo, la realtà è questa, che ci piaccia o no.
In secondo luogo, lo stile narrativo, asciutto e rigoroso, che costruisce un racconto con un ritmo notevole senza perdere in profondità e acutezza nell'analisi. Terzo elemento, la fotografia di Bigazzi, che lavora sui contrasti di luce e bellezza fra il paesaggio e le ville della campagna di Acquiterme in Piemonte, scelta come location, e la grettezza e l'oscurità dei personaggi della vicenda. Infine, come in ogni buon film, una buona prova di attori: impeccabili Remo Girone nella parte di Amanzio Rastelli e Sarah Felberbaum nella parte di una nipote di Rastelli, raro personaggio femminile non di contorno in un film italiano degli ultimi vent'anni. Ma soprattutto una prova eccellente di Toni Servillo, qui mai fuori dalle righe come successo in altri film, capace di dare spessore e credibilità a un direttore finanziario di insostenibile antipatia.
Senz'altro da vedere, anche perché il film non ci parla solo del recente passato, ma anche del presente. Le cose continuano ad andare così, basta cambiare i nomi dei protagonisti del capitalismo nostrano, comunque fasullo, famelico, cialtrone e ipocrita (chiede i sacrifici agli altri mentre si ingrassa coi profitti e chiede la depenalizzazione del reato di falso in bilancio).

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