La schiuma della memoria

Qui si parla innanzitutto di un romanzo, uscito nel novembre del 2010 presso le edizioni Montag di Tolentino.
Il titolo è La schiuma della memoria e l'ho scritto io.
Poi si parla e si scrive di altre cose, di fotografie e di film, di libri letti e di teatro, di teatroterapia e di paesaggio. E di altro ancora. L'intenzione è comunque quella di raccordare la memoria con l'attualità per ritrovare il senso perduto degli eventi e per non dimenticare personaggi che con le loro vite hanno scritto pagine di storia non solo privata, ma anche collettiva. Molti di essi sono i miei riferimenti culturali e di valore. Il romanzo stesso dialoga con questi contenuti, in modo dinamico, in costante evoluzione, perché la memoria non è cristallizzazione ma è senso e significato. Mi piacerebbe che la lettura del blog desse anche il piacere della scoperta e di un punto di vista sul mondo spostato dalla norma, in qualche modo sorprendente. Buona lettura.

martedì 21 giugno 2011

Jean-Paul Sartre

Il 21 giugno del 1905 nasceva a Parigi Jean-Paul Sartre. Filosofo esitenzialista e marxista, scrittore, compagno di vita di Simone De Beauvoir. Fondò nel 1945 la rivista Les Temps Modernes. Nel lungo editoriale del primo numero, egli pose i principi di una responsabilità dell'intellettuale nel suo tempo e di una letteratura impegnata. Per lui, lo scrittore è presente "qualunque cosa faccia, segnato, compromesso fino al suo più lontano ritiro dall'attività (...) Lo scrittore è "in situazione" nella sua epoca." E' la posizione dell'intellettuale impegnato nella società. La rivista è considerata come la più prestigiosa tra le riviste francesi a livello internazionale. La chiesa di Saint Germain des Pres, a Parigi, diviene il simbolo di un quartiere laico, in cui gli intellettuali frequentano i caffè (in particolare Les deux Magots e Flores), vanno ai concerti jazz. Il suo libro L'esistenzialismo è un umanismo ha una storia molto particolare. Nasce come conferenza tenuta a Parigi nel 1945, annunciata con grande pubblicità sui principali quotidiani; gli organizzatori avevano però delle inquietudini riguardo al suo successo. Ma quella serata superò ogni ipotesi per il successo e l'entusiasmo che suscitò. Boris Vian ne fece un riassunto nel suo capolavoro L'Écume des jours: spintoni, sedie rotte, svenimenti di donne, Sartre costretto ad aprirsi un varco a gomitate per raggiungere il palco. Da quel momento il pensiero sartriano trova ampia eco popolare. Dal testo della conferenza viene pubblicato il libro, senza il consenso di Sartre. Dopo un avvicinamento al PCF (Partito comunista francese), a partire dal 1956 (vicende di Budapest), è molto critico nei suoi confronti, soprattutto per quanto riguarda il riconoscimento dell'Urss come paese guida dell'Internazionale. Infine ruppe col partito su posizioni libertarie.
Dal 1956 al 1962 Sartre e la sua rivista presero posizione contro l'imperialismo francese e a favore dell'indipendenza algerina.
Nel 1964, fatto che avrà una grande risonanza mondiale, rifiuta il premio Nobel poiché, a suo avviso, "nessun uomo merita di essere consacrato da vivo". Aveva già rifiutato la Legione d'Onore nel 1945 e ancora una cattedra al Collegio di Francia. Questi onori, secondo lui, avrebbero alienato la sua libertà, facendo dello scrittore un'istituzione. Questi suoi gesti resteranno celebri poiché in grado di illuminare lo spirito e lo stato d'animo dell'intellettuale.
Di Sartre ho letto La Nausea, il suo romanzo esistenzialista sull'assurdo della vita. La prima versione è del 1932, l'ultima, definitiva, del 1938.
In questo romanzo in forma di diario c'è l'esistenza ridotta a un sentirsi esistere. Mi risulta che il romanzo sia stato scritto da Sartre a Le Havre, città che ho avuto l'occasione di visitare la scorsa estate. La città è di cemento, ma con una sua solida armonia. Le spiagge sono bellissime e il porto è di notevole impatto. Non è una città brutta, anzi, a me è pure piaciuta (non sono il solo, visto che l'Unesco l'ha inserita nelle città patrimonio dell'umanità).
Non l'ho trovata opprimente, forse Sartre sì. C'è un senso di soffocamento, nel testo. La nausea arriva all'improvviso, coglie l'autore del diario un po' dappertutto, anche nei caffè, oltre che nella sua stanzetta. "Allora la Nausea m'ha colto, mi son lasciato cadere sulla panca, non sapevo più nemmeno dove stavo; vedevo girare lentamente i colori attorno a me, avevo voglia di vomitare. Ed ecco: da quel momento la Nausea non m'ha più lasciato, mi possiede."
Ma dentro quella nausea c'è la consapevolezza, il pensiero di esistere. E se tutto va male, se tutto sembra andare a rotoli in quel disgusto esistenziale, c'è un senso, c'è una giustificazione dell'esistenza: una canzone cantata da una negra, che fa sentire il protagonista "come uno completamente gelato dopo un viaggio nella neve, che entri di colpo in una camera tipida". E qui rileggendo le righe da me sottolineate tanti anni fa (1980, l'anno della morte di Sartre), mi commuovo, come mi commuovevo allora, quando ero un ragazzo. Risento quell'intensità. Nel finale c'è la voglia di scrivere un libro, un romanzo. Una voglia che mi sono portato addosso una (mezza) vita, fino a che ce l'ho fatta. E ne sono felice.

Sartre fotografato da Antanas Suktus in Lituania, nel 1969

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