La schiuma della memoria

Qui si parla innanzitutto di un romanzo, uscito nel novembre del 2010 presso le edizioni Montag di Tolentino.
Il titolo è La schiuma della memoria e l'ho scritto io.
Poi si parla e si scrive di altre cose, di fotografie e di film, di libri letti e di teatro, di teatroterapia e di paesaggio. E di altro ancora. L'intenzione è comunque quella di raccordare la memoria con l'attualità per ritrovare il senso perduto degli eventi e per non dimenticare personaggi che con le loro vite hanno scritto pagine di storia non solo privata, ma anche collettiva. Molti di essi sono i miei riferimenti culturali e di valore. Il romanzo stesso dialoga con questi contenuti, in modo dinamico, in costante evoluzione, perché la memoria non è cristallizzazione ma è senso e significato. Mi piacerebbe che la lettura del blog desse anche il piacere della scoperta e di un punto di vista sul mondo spostato dalla norma, in qualche modo sorprendente. Buona lettura.

giovedì 26 maggio 2011

Berlinguer, la questione morale e i referendum

Ieri 25 maggio era l'anniversario della nascita di Enrico Berlinguer. Infatti Berlinguer nacque il 25 maggio del 1922 a Sassari. Cresciuto in una famiglia della nobiltà sassarese, nel 1943 si iscrisse al Partito Comunista Italiano. Nel 1949 divenne segretario della FGCI, organizzazione giovenile del partito, che diresse fino al 1956. Nel 1968 fu eletto deputato per la prima volta, nel collegio elettorale di Roma. Nel 1969 eseguì il primo clamoroso "strappo" dall'Unione Sovietica: guidò una delegazione del partito ai lavori della conferenza internazionale dei partiti comunisti che si tenne a Mosca; in tale occasione, trovandosi in disaccordo con la "linea" sovietica (fonte massima degli indirizzi dell'Internazionale comunista) a sorpresa rifiutò di sottoscrivere la relazione finale. La presa di posizione, inattesa quanto "scandalosa", fu memorabile: tenne il discorso decisamente più critico in assoluto fra quelli che mai leader comunisti abbiano tenuto a Mosca, rifiutando tassativamente la "scomunica" dei comunisti cinesi e rinfacciando a Leonid Breznev che l'invasione sovietica della Cecoslovacchia nel 1968 (che definì espressivamente la "tragedia di Praga") aveva solo evidenziato le radicali divergenze affioranti nel movimento comunista su temi fondamentali come la sovranità nazionale, la democrazia socialista e la libertà di cultura. 
Nel 1972 divenne segretario generale del partito. La sua segreteria fu caratterizzata da un lato dal tentativo di collaborare con la Democrazia Cristiana nella prospettiva di realizzare riforme sociali ed economiche che considerava indispensabili, dall'altro dalla convinzione della necessità di rappresentare un nuovo comunismo indipendente dall'URSS (chiamato "eurocomunismo"). Negli anni in cui Berlinguer fu segretario il PCI raggiunse il suo massimo storico, il 34,4% del 1976, e in molti ritengono che questo risultato sia stato ottenuto principalmente per merito di Berlinguer. Il 1976 fu anche l'anno del secondo "strappo" dall'URSS. In occasione di un congresso a Mosca, dinanzi a 5.000 delegati provenienti da tutto il mondo, Berlinguer parlò in aperto contrasto con le posizioni "ufficiali" dell'Internazionale comunista di "sistema pluralistico" e descrisse l'intenzione del PCI di costruire un socialismo "che riteniamo necessario e possibile solo in Italia", il primo nucleo teorico dell'eurocomunismo.
Nell'ottobre 1977, Berlinguer, proseguendo le manovre per raggiungere il compromesso storico, cioè una politica di accordi politici con la DC senza partecipare direttamente al governo del Paese, cercando di dissipare le paure dei cattolici italiani, aprì un dialogo con l' allora vescovo di Ivrea Mons. Luigi Bettazzi, tramite la pubblicazione, sulla rivista Rinascita, di lettere scambiatisi in cui affermava di volere "realizzare una società che, senza essere cristiana, cioè legata integralisticamente a un dato ideologico, si organizzi in maniera tale da essere sempre più aperta e accogliente verso i valori cristiani"; le lettere sono pubblicate sotto il titolo comune significativo di "Comunisti e cattolici: chiarezza di principi e base di un’intesa".
Sempre nel 1977 sviluppò il tema dell'austerità, criticando in modo pesante e acuto il modello di sviluppo vigente, giudicandolo dissennato. Di fatto riprendeva l'articolo di Pier Paolo Pasolini di qualche anno prima sulle differenze fra Progresso e Sviluppo.
All'inizio degli anni '80 intuì per primo la degenerazione del sistema politico italiano in mero sistema di potere e pose le basi della cosiddetta "questione morale".
"La questione morale non si esaurisce nel fatto che, essendoci dei ladri, dei corrotti, dei concussori in alte sfere della politica e dell'amministrazione, bisogna scovarli, denunciarli e metterli in galera.  La questione morale, nell'Italia di oggi, fa tutt'uno con l'occupazione dello Stato da parte dei partiti governativi e delle loro correnti, fa tutt'uno con la guerra per bande, fa tutt'uno con la concezione della politica e con i metodi di governo di costoro, che vanno semplicemente abbandonati e superati. Ecco perché dico che la questione morale è il centro del problema italiano. Ecco perché gli altri partiti possono provare d'essere forze di rinnovamento soltanto se aggrediscono in pieno la questione morale andando alle sue cause politiche. Se si continua in questo modo, in Italia la democrazia rischia di restringersi, non di allargarsi e svilupparsi; rischia di soffocare in una palude".
Il tutto sembra detto sull'Italia di oggi, invece è tratto da un'intervista rilasciata a Eugenio Scalfari su Repubblica il 28 luglio del 1981. Un altro passaggio sembra parlare dell'Italia di oggi, sottolineando l'importanza dei Referendum e della libertà di voto che essi esprimono.
"Molti italiani si accorgono benissimo del mercimonio che si fa dello Stato, delle sopraffazioni, dei favoritismi, delle discriminazioni. Ma gran parte di loro è sotto ricatto. Hanno ricevuto vantaggi o sperano di riceverne, o temono di non riceverne più. Vuole una conferma di quanto dico? Confronti il voto che gli italiani danno in occasione dei referendum e in occasione delle normali elezioni politiche e amministrative. Il voto ai referendum non comporta favori, non coinvolge rapporti clientelari, non mette in gioco e non mobilita candidati e interessi privati o di un gruppo di parte. E' un voto assolutamente libero da questo genere di condizionamenti, è un voto libero e di progresso".
Sarà per questo che cercano in tutti i modi di depotenziare il significato e la partecipazione dei referendum che ci attendono il 12 e 13 giugno? Trovo impressionante rileggere oggi quelle parole di trenta anni fa. Provo anche rabbia e tristezza perché, in fondo siamo rimasti lì, forse siamo anche peggiorati, antropologicamente devastati, direbbe Pasolini. E comunque non ho la minima intenzione di arrendermi alla devastazione.
Ma torniamo alla piccola grande storia di Berlinguer, giunta alle ultime battute.
Dopo una legislatura da parlamentare europeo (eletto nel 1979 al primo Parlamento europeo per le liste del PCI), in vista delle successive elezioni (1984), Berlinguer si recò a Padova il 7 giugno, dove tenne un comizio. Mentre si apprestava a pronunciare la frase "Compagni, lavorate tutti, casa per casa, strada per strada, azienda per azienda" venne colpito da un malore, che poi si rivelò essere un ictus. Pur se palesemente provato dal malore e sofferente, continuò il discorso fino alla fine, nonostante anche la folla, dopo i cori di sostegno, urlasse in lacrime: "Basta, Enrico!". Alla fine del comizio rientrò in albergo, dove si addormentò sul letto della sua stanza, entrando subito in coma. Dopo il consulto con un medico, venne trasportato all'ospedale e ricoverato in condizioni drammatiche. Morì l'11 giugno, a causa di una emorragia cerebrale.
Il Presidente dellla Repubblica Sandro Pertini, che si trovava già a Padova per ragioni di Stato, si recò in ospedale per constatare le condizioni di Berlinguer. Fece in tempo a entrare in stanza per vederlo e baciarlo sulla fronte. Poche ore dopo il decesso, si impose per trasportare la salma sull'aereo presidenziale. Commovente fu il suo saluto al funerale del 13 giugno, al quale partecipò circa un milione di persone, dove si chinò con la testa sopra la bara, baciandola.
Persino il segretario del MSI (Movimento Sociale Italiano, dichiaratamente nostalgico della Repubblica Sociale Fascista), Giorgio Almirante, si recò a rendere omaggio al feretro dell'avversario, suscitando lo stupore e il rispetto della folla in coda per entrare nella camera ardente.
Il giorno delle elezioni europee, il 17 giugno 1984 il PCI, nonostante la scomparsa di Berlinguer, decise di lasciare il suo segretario capolista e chiese di votarlo. Le elezioni, forse anche per gli eventi precedenti, decretarono la vittoria del PCI che, per la prima e unica volta nella storia, sorpassò seppur di poco la DC, affermandosi come primo partito italiano (33,3% contro il 33,0%): questo "sorpasso" è ricordato come dovuto all'"effetto Berlinguer".
Nel 1977 Giuseppe Bertolucci girò un film che aveva come protagonista Roberto Benigni, all'inizio della sua carriera di comico, e che s'intitolava Berlinguer ti voglio bene. Ecco, anch'io.

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