La schiuma della memoria

Qui si parla innanzitutto di un romanzo, uscito nel novembre del 2010 presso le edizioni Montag di Tolentino.
Il titolo è La schiuma della memoria e l'ho scritto io.
Poi si parla e si scrive di altre cose, di fotografie e di film, di libri letti e di teatro, di teatroterapia e di paesaggio. E di altro ancora. L'intenzione è comunque quella di raccordare la memoria con l'attualità per ritrovare il senso perduto degli eventi e per non dimenticare personaggi che con le loro vite hanno scritto pagine di storia non solo privata, ma anche collettiva. Molti di essi sono i miei riferimenti culturali e di valore. Il romanzo stesso dialoga con questi contenuti, in modo dinamico, in costante evoluzione, perché la memoria non è cristallizzazione ma è senso e significato. Mi piacerebbe che la lettura del blog desse anche il piacere della scoperta e di un punto di vista sul mondo spostato dalla norma, in qualche modo sorprendente. Buona lettura.

giovedì 6 gennaio 2011

A Bologna le bici erano come i cani

Ieri ho concluso la lettura, iniziata il giorno prima, di A Bologna le bici erano come i cani, l'ultimo libro di Paolo Nori, scrittore emiliano che ho sempre seguito fin dagli esordi di Le cose non sono le cose (1999). Il titolo fa riferimento a una citazione degli anni '50 di Zavattini, che diceva la stessa cosa di Luzzara, "un posto dove fino a qualche anno fa la gente si portava per mano la bici anche quando andava a piedi, come se eran dei cani".
La narrazione avviene come sempre, o quasi, nei romanzi di Paolo Nori, in prima persona, con l'io narrante che funge da alter ego dello scrittore, e racconta la sua quotidianità con sguardo capace di sorprendersi, a volte un po' stralunato. Probabilmente l'intera opera di Nori è un affresco narrativo sull'Emilia, quella urbana, fra Parma, città di nascita dell'autore, e Bologna, città dove vive da diversi anni (e dove in precedenza si era laureato in letteratura russa). Un racconto dell'Emilia attuale con molte puntate nell'Emilia del passato recente (incursioni fino a inizio XX secolo).
In realtà, il protagonista di questo romanzo non è l'io narrante Bernardo, ma un certo Benito, ex meccanico di biciclette, vicino di casa del personaggio scrittore, che ogni tanto lascia una cassetta di quelle vecchie, una c46 della Tdk, in una busta per Bernardo. Quindi, lunghe pause nella narrazione in prima persona dello scrittore vengono dedicate alle sbobinature che egli compie dei nastri. Quindi ci sono stacchi, sempre in prima persona, in cui però l'io narrante è il Benito ex meccanico.
E la storia che affiora poco alla volta è dolente e profondamente triste. C'è questa cosa strana, che un po' si ride e un po' si ha un gran magone, a leggere questo romanzo. La seconda parte diventa decisamente avvincente, fino alla scoperta di un segreto, rivelato con semplicità e dolore sommesso dall'io narrante su nastro. Rivelazione che in realtà s'intreccia con altre, fino a un doloroso epilogo. Le pagine più belle e divertenti sono, come già in altri lavori di Nori, soprattutto Noi la farem la vendetta (2006) e Mi compro una gilera (2008), quelle in cui si racconta il rapporto fra il personaggio scrittore e la figlia di 5-6 anni o poco più. Divertenti e delicate, da cui traspare il profondo legame che unisce padre e figlia. In quelle pagine Nori sa cogliere lo sguardo sul mondo della bambina e sa divertirsi e stupirsi con lei. E anche la vicenda rivelata sui nastri sbobinati racconta il rapporto, molto interiore ma straordinario, fra un padre e il figlio maschio, tanto da far dire al Bernardo scrittore: "Io mi sentivo di dirgli che doveva essere stata una fortuna, avere un babbo così".
Il mio anno di letture è proseguito bene, dopo un ottimo inizio.

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