La schiuma della memoria

Qui si parla innanzitutto di un romanzo, uscito nel novembre del 2010 presso le edizioni Montag di Tolentino.
Il titolo è La schiuma della memoria e l'ho scritto io.
Poi si parla e si scrive di altre cose, di fotografie e di film, di libri letti e di teatro, di teatroterapia e di paesaggio. E di altro ancora. L'intenzione è comunque quella di raccordare la memoria con l'attualità per ritrovare il senso perduto degli eventi e per non dimenticare personaggi che con le loro vite hanno scritto pagine di storia non solo privata, ma anche collettiva. Molti di essi sono i miei riferimenti culturali e di valore. Il romanzo stesso dialoga con questi contenuti, in modo dinamico, in costante evoluzione, perché la memoria non è cristallizzazione ma è senso e significato. Mi piacerebbe che la lettura del blog desse anche il piacere della scoperta e di un punto di vista sul mondo spostato dalla norma, in qualche modo sorprendente. Buona lettura.

domenica 15 maggio 2011

Una rosa per Bernardo Bertolucci


Bernardo Bertolucci, che proprio il 16 marzo di quest'anno ha festeggiato i suoi settant'anni, ha ricevuto lo scorso 11 maggio, nel corso della cerimonia di inaugurazione del Festival di Cannes, la Palma d'onore alla carriera. E commentando questo riconoscimento, non ha smentito la sua franchezza e la sua fama combattiva: "Lo dedico all'Italia, agli italiani, a quegli italiani che sanno ancora resistere, criticare, indignarsi per lo stato di tremenda anestesia in cui versa il nostro paese, addormentato quotidianamente dalle tv. Lo dedico a tutti coloro che ancora non hanno ceduto a questa anestesia". Dal suo arco parte anche una frecciata ironica al Festival:"Me la danno perché non mi hanno mai premiato". 
La giuria è presieduta quest'anno da Robert De Niro, da Bertolucci voluto 35 anni fa per Novecento, uno dei capolavori del regista italiano. La carriera è tutt'altro che conclusa (il nostro sta girando un film in 3D tratto dall'ultimo romanzo di Ammaniti, Io e te), ma il 2011 sembra un anno di bilanci:  il traguardo dei 70 anni compiuti il 16 marzo (è nato a Parma nel 1941); il 35° anniversario di Novecento che per l'occasione è stato rieditato in hd; la scomparsa recente e prematura di Maria Schneider, protagonista di Ultimo tango a Parigi, che gli ha fatto dire con rimpianto di non aver fatto in tempo a chiederle scusa per quel rapporto avvelenato dall'impatto mediatico che ebbe sulla sua carriera e la sua vita la famosa scena del burro con Marlon Brando
Una filmografia preziosa e da vero maestro. Bertolucci lavora come assistente nel primo film diretto da Pier Paolo Pasolini, Accattone, nel 1961. Il poeta e cineasta friulano viveva a Roma nel palazzo dei Bertolucci ed era un amico di famiglia, in particolare del padre di Bernardo, Attilio Bertolucci, uno dei grandi poeti del novecento italiano. L'anno seguente, Bernardo realizza il suo primo lungometraggio, La commare secca, su soggetto e sceneggiatura di Pier Paolo Pasolini, che inizialmente avrebbe dovuto esserne anche il regista. Ma già dal film successivo, Prima della rivoluzione (1964), la poetica di Bertolucci si distacca da quella del suo maestro Pasolini. Infatti tema della ricerca espressiva di Bertolucci diventa quello dell'individuo posto di fronte a cambiamenti che non sa gestire e che lo mettono in crisi. In Partner (1968) affronta anche il tema del doppio, ispirandosi liberamente a Il sosia di Dostoevskij; il film non è particolarmente apprezzato da pubblico e critica, ma si distingue per  una conceziona pittorica dello spazio, ispirata a Francis Bacon. Ispirazione letteraria anche per Strategia del ragno (1970), liberamente tratto dal racconto Tema del traditore e dell'eroe di Borges. Il gusto dell'enigma a cui rimanda direttamente il titolo pervade anche Il conformista (1970), tratto dal romanzo omonimo di Moravia. Il protagonista è una sorta di pagina bianca su cui gli altri scrivono la loro storia. Curioso il fatto che la canzone di Mina Il conformista chiudesse il film precedente. Ultimo tango a Parigi (1972) è il film dello scandalo, già ricordato in precedenza. Marlon Brando  e  Maria Scnheider costituiscono una coppia violenta e anomala: i due fano l'amore da sconosciuti e si accordano per non rivelarsi mai reciprocamente i nomi. La scena dello scandalo è la sodomizzazione di Jeanne da parte di Paul, con l'ausilio di un panetto di burro, mentre la obbliga a parlare male della famiglia. Il tutto in uno spazio per lo più claustrofobico, un appartamento rosso. Riferimento ancora a Francis Bacon, esplicitato nei titoli di testa, posti di fianco a due quadri del pittore anglo-irlandese. Il film fu condannato nel gennaio del 1976 e ritirato dalle sale. Il film torna in circolazione solo nel 1987, quando una sentenza riconosce al film la dignità di opera d'arte. E arriviamo a Novecento (1976). Il film viene diviso in due atti, per una durata complessiva di oltre cinque ore. E' l'affresco dell'Emilia del secolo scorso, il canto della civiltà contadina e della Liberazione dal fascismo. L'uso del flashback ne fa una sorta di gioco di scatole cinesi che mescolano generi filmici e stili di ripresa: dal softcore al grand guignol, dalle citazioni pittoriche (Renoir, Manet, Caravaggio) al falso documentario, gestiti con un grande gusto estetico, che travolge anche l'ideologia in un tripudio di bandiere rosse nel finale che non è maoista ma estetizzante. E poi La luna (1979) con elementi leopardiani e freudiani mescolati con la consueta maestria e La tragedia di un uomo ridicolo (1981), commedia padana costruita su una metafora, così espressa nelle parole del protagonista: "Il ciclo della lavorazione del latte mi fa venire in mente la catena della famiglia: il liquido che diventa solido, è incredibile", prima della consacrazione definitiva con L'ultimo imperatore (1987), kolossal premiato con vari premi Oscar. Non il mio preferito, comunque. Seguono Il tè nel deserto (1990), tratto dal romanzo omonimo di Bowles, e Il piccolo Buddha (1993), produzioni hollywoodiane come L'ultimo imperatore. I tre film, insieme, costituiscono anche una sorta di trilogia del distacco dall'utero padano che aveva animato la sua filmografia fino a quel momento. 
In seguito il regista torna a girare in Italia riprendendo le sue predilette tematiche intimiste, che però mantengono un respiro internazionale e direi interculturale, con risultati alterni di critica e pubblico, a partire da Io ballo da sola (1996), per proseguire con L'assedio del 1998, mentre The Dreamers (2003) ripercorre una vicenda di passioni politiche e rivoluzioni sessuali di una coppia di fratelli, nella Parigi del 1968. Fra i tre L'assedio è il mio preferito, un gioiellino, un film che dimostra come si possa girare un capolavoro con pochi soldi, senza la necessità di budget sontuosi.
Da tempo Bertolucci parla di un progetto che prosegua Novecento, per descrivere e raccontare la seconda metà del secolo in Emilia e in Italia.

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